Due recenti notizie di stampa hanno riguardato da vicino le forme di commercio tradizionali.
In particolare, i mercati rionali, i negozi di vicinato, la ristorazione, più in generale il terziario.
Abbiamo assistito ad un evento che ha analizzato il ruolo dei mercati rionali, ipotizzando possibili forme di rilancio, alla presenza di rappresentanti delle Istituzioni e delle Associazioni.
Colpisce, sostanzialmente, la netta differenza tra la nostra Città con le altre realtà italiane ed europee.
Nel 2014 il Comune di Milano e Fondazione Cariplo hanno siglato un accordo per la definizione della strategia alimentare di Milano.
A fine 2017, la Giunta ha approvato le linee di indirizzo per la riqualificazione di 23 mercati comunali partendo dalle esperienze positive del Mercato del Lorenteggio, del Suffragio, della Darsena e di Piazza Wagner.
Il Comune di Torino è stato coinvolto negli ultimi anni in vari progetti europei che si sono incentrati sul tema dei mercati.
Urbact Markets si è svolto tra il 2012 e 2015 mentre il Central Markets è stato portato avanti tra il 2012 e 2014.
Durante questi progetti sono state portate avanti sperimentazioni sulla gestione dei mercati, come anche corsi di aggiornamento degli Operatori e laboratori di scambio con altre città che stavano portando avanti progetti innovativi per il rilancio dei mercati.
In giro per l’Europa, non vi è un viaggio, che sia a Barcellona, a Madrid, a Budapest o a Londra, che non abbia quale tappa obbligata una realtà mercatale.
Roma, purtroppo, sembra immobilizzata nel suo torpore.
Le difficoltà della rete mercatale romana risiedono in una normativa obsoleta che non consente innovazione e che non convince i giovani ad investire in compendi immobiliari fatiscenti.
Non vi sono le necessarie condizioni per intercettare i nuovi trend di consumo, soprattutto legati alla ristorazione fuori casa.
Qualche sprazzo di innovazione, a dire il vero, è presente, ma in forma individuale, di corto respiro, senza la necessaria tranquillità dettata da normative al passo con i tempi e chiare.
Tutto ciò stride, a livello nazionale, con la recente pubblicazione da parte del Ministero dello Sviluppo Economico, di un elenco degli iscritti al neo costituito Albo degli Innovatori.
In buona sostanza, secondo il burocrate ministeriale, una Micro Impresa commerciale, già alle prese con mille lacci e lacciuoli, in tempi di prolungata contrazione dei consumi, troverà il tempo, il denaro e la fiducia per farsi affiancare da un “innovatore”.
Ma siamo sicuri che non siano proprio i piccoli commercianti i veri innovatori?
Gli imprenditori, che spesso conducono attività a conduzione famigliare,non hanno necessità di albi e di innovatori.
Noi crediamo che abbiano disperato bisogno di regole semplici, certe, di privatizzazioni, di meno vincoli normativi.
Le Micro e Piccole Imprese abbiano bisogno di tutto questo. E di un supporto qualificato in una cornice normativa al passo con i tempi.
Per questo continuiamo a sostenerle con tutte le nostre forze!
Claudio Butera