Chi è Giulia Ammendola?
Bella domanda! Sono una sarta che nasce parecchi anni fa. Anche i miei nonni materni lo erano, sono stati i miei primi maestri. La mia formazione è poi continuata presso altre botteghe, fino a quando, quattro anni fa, ho aperto la mia.
Inizialmente lavoravamo per grandi nomi come Armani, Burberry, Stella McCartney. Un anno fa abbiamo aperto anche al pubblico in Via Germanico, 192 (Roma) con “Sartoria Roma”. Si tratta di una bottega un po’ diversa da quelle a cui siamo abituati.
La mia formazione è dunque iniziata tanto tempo fa e continua tutt’ora. Nel campo della moda c’è sempre qualcosa da imparare, tessuti sempre diversi e tecniche sempre nuove.
Che cosa significa essere una giovane imprenditrice?
È una bella sfida, soprattutto perché sono donna. Essere imprenditrice, in particolar modo quando ci si relaziona con il pubblico, vuol dire fare fronte a sfide importanti.
Significa essere in grado di capire autonomamente come fare impresa con i nuovi strumenti; allo stesso tempo mi sono, però, resa conto di essere stata fortemente aiutata da persone più anziane di me, che avevano un’impronta vecchio stampo, importante anche quella.
Essere donna e imprenditrice è complesso, perché bisogna stare molto attenti a come ci si pone. Se non ci si cuce addosso una veste molto seria, molto rigorosa, il rischio è di non essere presi sul serio, di essere percepiti come “non essere in grado di”. Ovviamente questo non è vero, anzi, nel mio settore avere sarte giovani è fondamentale, è un lavoro che oggigiorno pochi praticano.
Riassumendo, essere una giovane imprenditrice è bello e impegnativo, bisogna fare fronte a diverse sfide: il commercio è lo stesso, ma sono aumentati i canali di comunicazione. Facebook, Instagram e i social network in generale, sono diventati indispensabili, non solo per farsi conoscere, ma anche per restituire un’immagine di serietà. Ci sono tante cose da gestire, da imparare. Mi piace vedere che ogni giorno che passa metto un mattoncino in più.
Chi è l’artigiano?
L’artigiano è un professionista che sta scomparendo e che spero si vada a recuperare nel tempo. L’artigiano vero è un nesso tra un artista e un professionista. Per fare vero artigianato, almeno nel mio campo, bisogna essere tecnicamente molto competenti, quindi si deve conoscere tutto quello che è inerente alle tecniche di sartoria e in più si deve avere una grande creatività.
L’artigiano deve saper essere compositore ed esecutore, e deve continuamente essere aggiornato sulle sfilate, sulle nuove tendenze, sui colori per non appiattirsi su degli standard dettati dalla grande industria. È una professione che sta sparendo perché richiede tempo, pazienza e una grande precisione.
È vero però anche che ultimamente c’è un ritorno d’interesse a quello che è il lavoro dell’artigiano, ma sicuramente si fa fatica a comprendere che i pezzi realizzati da un
artigiano hanno una lavorazione lunga e ovviamente un prezzo differente.
Come sta cambiando l’artigianato, in particolare nel tuo settore?
Sotto alcuni punti vista non sta cambiando: è un tipo di lavoro che, per essere svolto, ha bisogno di certe tecniche che sono quelle di sempre. Questo vale soprattutto per la modellistica (ndr settore che costruisce gli abiti sulla carta) le cui tecniche sono tre o quattro. È difficile inventare qualcosa di nuovo.
Quindi da un lato si rimane sui binari soliti della sartoria, i binari storici; quello che è cambiato tantissimo è ciò che gira attorno al settore: i materiali, i tessuti e il modo di produrli – ne stanno venendo fuori di meravigliosi e a basso impatto ambientale. Questo è un aspetto fondamentale perché negli anni recenti la larga richiesta di cotoni e sete ha determinato una grande usura dell’ambiente. Ora si sta andando verso una direzione decisamente più green ed ecofriendly.
In questo settore, le nuove tecnologie hanno impattato tantissimo: ci sono tessuti che vengono prodotti dagli scarti di frutta e verdura, oppure tinte che non sono più
sintetiche, ma naturali.
E poi ci sono i social che nel mio campo hanno una funzione più pubblicitaria che di vero e proprio commercio, però qualcuno ci sta provando. Quelli della sartoria a distanza sono tentativi giusti, ma con diversi limiti: non tutti, ad esempio, sanno prendersi le misure autonomamente. Comunque, non credo che questa sia una strada che possa trovare uno sbocco concreto, perché la sartoria è un rapporto personale che si basa sulla fiducia.
Qual è stato il percorso più soddisfacente e quello più complesso del suo percorso da imprenditrice?
In realtà coincidono. Aprire una propria sartoria è un grandissimo traguardo, ed è un passo che ho compiuto nel periodo in cui è scoppiata la pandemia. Ho provato una soddisfazione immensa, ma ho anche vissuto momenti di profonda crisi, avevo paura di non farcela. Per fortuna le cose stanno andando bene, ci sono delle difficoltà, ma sta andando tutto per il verso giusto.
Il progetto che più ti ha entusiasmato?
Mi sto formando sull’alta moda che ha delle regole e delle confezioni diverse, particolari e molto complesse. E a partire da tutto questo sto creando una mia linea!
Come ti vedi tra dieci anni?
Con la mia linea di moda e con altri punti vendita, non solo a Roma. Mi piacerebbe creare una linea che possa girare un po’ tutto il mondo.
Dove apriresti fuori da Roma?
Sicuramente a Milano perché rappresenta l’essenza della moda. Roma è diversa, il cliente romano è molto legato al logo, più che alla confezione anche artigianale di un abito.
Milano è un altro discorso. Non è un caso se la settimana della moda che si svolge nella città lombarda rientri tra le più famose.
A Milano c’è più sperimentazione, circolano più brand e più novità. Oltre Milano, mi
piacerebbe portare la mia linea anche all’estero e aprire dei punti vendita fuori dall’Italia!