Mentre i big della distribuzione fanno fatica a tenere il passo con gli ordini in crescita, sono sempre di più le realtà piccole che si stanno mettendo in gioco per dare un servizio a vecchi e nuovi clienti
Con la popolazione over 65 esortata a chiudersi in casa e il resto delle famiglie invitate a far uscire un componente per nucleo solo per gli acquisti essenziali – ma, soprattutto, con file chilometriche che si formano fuori dai supermercati – il delivery non è più una scelta di pochi, ma una necessità per la maggior parte della popolazione.
Troppe richieste ai big player
I big player, infatti, sono stati presi d’assalto: Prime Now, servizio di consegna di prodotti freschi che Amazon – in collaborazione con Unes e Pam – offre a Milano, Torino e in alcune zone di Roma, avverte che la disponibilità di consegne è ridotta, mentre Amazon dà priorità alla consegna di beni essenziali. L’app e il sito di Esselunga non offrono chance di avere la spesa prima del 10 aprile. «L’e-commerce ha avuto un vero e proprio boom di richieste. Il mercato online alimentare in Italia vale complessivamente circa l’1% del totale. In Esselunga nei giorni scorsi si è passati dal 4% al 20 per cento», fanno sapere dal colosso della distribuzione che consegna in circa 1.700 Comuni.
Le botteghe puntano sul delivery
A sbloccare la situazione ci pensano i piccoli esercizi commerciali che, ai tempi del Covid- 19, si sono convertiti alle consegne a domicilio. Qualcuno già lo faceva: «Noi avevamo già questo servizio – racconta Fabio Pinnelli, titolare, insieme al padre, della Macelleria Pinnelli di Milano – per i clienti più anziani. Quando è scoppiata l’epidemia abbiamo pensato di farlo per chiunque lo chiedesse». È bastato qualche post sui social – unito al passaparola – a far schizzare il numero di consegne: «Ne facciamo 30 al giorno, infatti al pomeriggio chiudiamo il negozio: sono io a consegnare la merce. Se il fenomeno dovesse crescere siamo pronti ad assumere qualche fattorino», conclude.
Dall’inizio dell’emergenza, invece, L’Orto di Jack di persone ne ha già assunte 11, passando da 9 a 20 dipendenti: «Da fornitore ortofrutticolo per ristoranti ci siamo trasformati in delivery a privati – racconta Caterina Cadeo, ideatrice del servizio insieme al marito Giuseppe Carciati e ai soci del ristorante Sapori Solari – e oggi facciamo circa 200 consegne al giorno a Milano e hinterland. Abbiamo tantissime richieste e speriamo di riuscire ad arrivare a gestire 500 ordini quotidiani». Grazie alla partnership con il ristorante milanese, il servizio consegna anche prodotti da dispensa, salumi e formaggi: «Una volta finita l’emergenza, spero di poter continuare con le consegne: il coronavirus sta cambiando l’approccio all’acquisto», chiosa.
Iniziative di rete e istituzionali
Il vantaggio di questa revanche dei piccoli esercenti è duplice: continuare a lavorare in un momento di immobilità e mettersi a disposizione dei clienti che, confinati in casa, ne hanno bisogno. Con lo stesso intento sono nate le piattaforme che segnalano gli esercenti locali che effettuano consegne a domicilio, promosse da enti locali e istituzioni. Tra loro c’è Confesercenti Torino che ha lanciato il progetto #iorestoacasa, mettendo nero su bianco (online) le insegne che fanno delivery sotto la Mole: «Il nostro elenco delle attività commerciali che a Torino e provincia fanno le consegne a domicilio ha superato quota 700 e si è arricchito di una nuova funzionalità: la geolocalizzazione», spiega Giancarlo Banchieri , presidente. Che evidenzia come «le centinaia di commercianti di tutti i settori che hanno aderito all’iniziativa (a cui Confesercenti offrirà anche supporto logistico, ndr) stanno offrendo un notevole servizio alla cittadinanza». Tra loro non solo alimentari, ma anche negozi di elettronica, librerie.
La filiera unita in una comunità del cibo
A creare una rete, questa volta di produttori, ci ha pensato anche Coldiretti: «Abbiamo riunito circa 4.000 produttori in tutta Italia – dice Carmelo Troccoli, responsabile di Campagna Amica – molti dei quali partecipavano ai mercati settimanali che sono stati aboliti dalle ordinanze. L’idea è quella di dare vita a una comunità del cibo, invitando le persone a rivolgersi ai produttori più vicini a loro e a farsi consegnare la merce a casa. E speriamo che questa esperienza faccia crescere l’attenzione di chi consuma alla qualità del prodotto».